Un’interessante pronuncia del Tribunale di Ancona si è occupata di “dare veste” alla prescrizione contenuta nel primo comma dell’art. 23 D.Lgs. 285/92 (meglio noto come Codice della Strada) alla visibilità del cartello pubblicitario.
In mancanza, infatti, di una quantificazione specifica e/o parametro oggettivo in correlazione al quale tale percezione va misurata e rapportata, per garantire un adeguato livello di oggettività, occorre prendere in considerazione diversi elementi tutti da acquisire nella fase istruttoria dei procedimenti posti avanti la competente Autorità Giudiziaria.
Che cos’è la “visibilità”?
L’Enciclopedia Treccani la qualifica come “Il fatto, la caratteristica di essere visibile; la condizione in cui si trova un oggetto che può essere percepito dall’occhio” e proprio considerando tale accezione il Giudice di Ancona ha ritenuto che la “percepibilità del cartellone – nell’accezione voluta dall’art. 23 C.d.S., tesa ad evitare che installazioni pubblicitarie possano ingenerare confusione con la segnaletica stradale o possano essere fonte di distrazione e quindi di pericolo per gli utenti della strada (v. Cass. N. 4683/2009) – non può essere equiparata ad una circostanza di fatto, poiché seguendo la ratio della norma – implica una componente valutativa: cioè la valutazione in ordine alla visibilità del cartello, da intendersi come visibilità immediata per l’utente della strada, tale da essere fonte di captazione o disturbo dell’attenzione del conducente e di conseguenziale sviamento dell’attenzione alla guida”.
Ecco, quindi, che per compiere tale valutazione il Giudice deve condurre un’attività d’indagine – sopralluogo – o comunque avere piena contezza anche attraverso le moderne tecnologie (ad esempio immagini georeferenziate) dello status luoghi per poter intendere se oggettivamente l’impianto risulti visibile.
Ma perché la “visibilità” è così importante?
Nella sentenza in discussione, l’assorbente richiamo è alla sicurezza della circolazione stradale, ma non solo; risulta importante anche ai fini del riparto di competenza tra gli Enti, chiamati a rilasciare il provvedimento di autorizzazione e/o nulla osta, in base all’art. 26 CdS cit. ed ai commi 4 e 5 del medesimo art. 23 CdS cit.